[Linuxtrent] [[Discussioni] La terza via di Microsoft]

  • From: Emanuele Olivetti <olivetti@xxxxxx>
  • To: linuxtrent <linuxtrent@xxxxxxxxxxxxx>
  • Date: Mon, 14 Oct 2002 09:59:23 +0200

...e il secondo
(il primo mi e' piaciuto di piu' , questo ha qualche imprecisione di troppo)

                                                        Emanuele

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da ilmanifesto.it

MICROSOFT PROVA LA TERZA VIA

 Bill Gates, nella guerra contro l'«open source», cambia tattica: per
impedire l'allargamento della comunità del free software cerca di
costruire una «sua» comunità garantendo agli sviluppatori «fedeli»
l'accesso ai codici sorgente di Windows. E lo fa mentre crescono le
tentazioni «business» nell'universo di Linux

di FRANCO CARLINI

 Sbaglia chi pensa che Microsoft, il monopolista del software, sia un
gigante addormentato. La grande forza di Bill Gates e di Steve Ballmer,
l'attuale Chief Executive Officer, è sempre stata quella di cogliere per
tempo il nuovo in circolazione, di attrezzarsi per inseguirlo e di
conquistare, allargandoli, i mercati che altri avevano aperto. Di fronte
a un'azienda innovatrice che ha un'idea fresca la quale rischia di avere
successo, la tattica di Microsoft dunque si svolge in due tempi.
All'inizio alza una fuoco di sbarramento, all'insegna del Fud (Fear,
Uncertainty, Doubt). Si tratta di prese di posizione e messaggi mirati
al mercato tesi a disseminare «Timore, Incertezza, Dubbio» a proposito
dei prodotti concorrenti. Così Microsoft si è comportata, negli anni
recenti, a proposito del software che rientra nella categoria dell'Open
Source, in particolare del sistema operativo Linux. Via via che il
fenomeno emergeva dalla nicchia degli hacker e che acquistava
credibilità, dirigenti e tecnici di Redmond ne hanno messo in
discussione le prestazioni, la sicurezza, la robustezza.

 Il famoso «Memorandum Halloween» (una versione annotata è leggibile
all'indirizzo www.opensource.org/halloween/) fu la prima
concretizzazione di quella campagna che mirava al discredito
dell'avversario. Venne emesso nel lontano ottobre del 1998, ovvero
quattro anni fa, ma sembra passato un secolo.

 Saltiamo allora all'anno 2001, quando Linux ha ormai compiuto dieci
anni e il suo presente è ormai ben solido, anche nelle aziende. Qui
Steve Ballmer commette la gaffe più grave, che gli rimarrà appiccicata
chissà fino a quando: nel maggio, chiacchierando con Dave Newbart del
Chicago Sun-Times sostiene che «Linux è un cancro che si attacca a ogni
cosa che tocca».

 La polemica è rivolta allo speciale meccanismo di «licenza» che la
comunità dell'Open Source ha escogitato: i loro software possono essere
liberamente usati da chiunque, ma trascinandosi al seguito un
particolare vincolo che impedisce di «chiudere» il software nato come
aperto. e di commercializzarlo in proprio.

 Di per sé la metafora del cancro potrebbe anche essere corretta, nel
senso appunto che il software Open Source propaga i propri vincoli di
libero uso a ogni prodotto figlio. Ma ovviamente l'uso del termine
«cancro» è particolarmente forte e trascina con sé una connotazione
fortemente negativa, oltre che un po' terrorizzante: descrive una
patologia grave, non una fisiologia.

 In quel periodo Ballmer era particolarmente preoccupato del fatto che
le università andavano sviluppando progetti aperti ricevendo dei
finanziamenti pubblici e ciò, secondo lui, non era giusto perché
distrugge ricchezza, anziché crearne; la sua tesi è che se il software è
proprietario, vuol dire che ci sono dei posti di lavoro; se invece è
libero non ci guadagna nessuno.

 Oggi gli orientamenti della Microsoft sono ulteriormente cambiati: meno
acrimoniosi e rigidi, più articolati, e lasciano intravedere la ricerca
di una terza via tra il software tutto proprietario e quello tutto
libero. Continuano tuttavia le pressioni sul parlamento americano e sui
governi. E' stata creata per esempio una associazione, detta «Initiative
for Software Choice», il cui scopo è di contrastare l'adozione di Linux
e dintorni da parte dei governi del mondo: Venezuela, Ucraina, Columbia
e Perù sono alcuni degli «stati pirata» che stanno decidendo di adottare
Linux nei loro sistemi. In Europa lo stesso va facendo la Germania e un
rapporto dell'Unione Europea («Pooling Open Source Software» -
http://europa.eu.int/ISPO/ida/export/files/en/1115.pdf) lo consiglia.
L'associazione americana, alla quale aderiscono molte aziende e la
stessa Microsoft, sostiene che questi orientamenti governativi debbono
essere respinti, perché contrari alla libera scelta.

 Però ormai c'è poco da fare, i buoi sono fuori dalla stalla, il
panorama è cambiato violentemente e Microsoft deve adeguarsi. Ecco
allora le ultime dichiarazioni dello stesso Ballmer, emesse lunedì
scorso a Londra, parlando ai suoi «professional»: «Linux è un serio
concorrente. Noi dobbiamo competere con il free software sul valore, ma
in una maniera intelligente. Poiché non possiamo farlo a prezzo zero,
abbiamo la necessità di giustificare il nostro posizionamento e i nostri
prezzi. In ogni caso Linux non sparirà, (e perciò) sta a noi fornire un
migliore prodotto al mercato». Una seria presa d'atto, un corretto
atteggiamento di rispetto della concorrenza.

 Ma Ballmer non ha detto solo questo. Ha aggiunto anche un'altra
considerazione fondamentale: il problema posto da Linux «non è tanto di
free software, quanto di una comunità». Ballmer in questo caso dimostra
di avere capito che la forza del movimento Open Source sta soprattutto
nel fatto che attorno ai singoli progetti si aggregano centinaia o anche
migliaia di appassionati che collaudano i prodotti e li migliorano, una
vera intelligenza collettiva e sparpagliata, unificata dall'uso dello
strumento Internet e da una comune passione. Così la terza via tentata
da Microsoft cerca di reclutare un'analoga passione ed entusiasmo tra le
molte migliaia di programmatori che già ora lavorano con le piattaforme
Microsoft. Il progetto viene chiamato «Source Code Sharing», e cioè
condivisione (sharing) dei programmi sorgente della Microsoft stessa.
Chi partecipa a questa «filosofia» ottiene dalla stessa Microsoft la
possibilità di avere accesso al «codice sorgente» (quello scritto in
linguaggio di programmazione chiaro) dei suoi prodotti. In questo modo,
potendoci mettere le mani sopra, i programmatori indipendenti e anche
quelli aziendali potranno fare un po' come i ragazzi di Linux: adattare
i prodotti Microsoft alle loro esigenze, correggerli, migliorarli,
personalizzarli.

 Riusciranno Bill e Steve in questo progetto? In qualche misura è
probabile di sì, perché il lavorare a partire dalla piattaforma
Microsoft offre alle aziende di software la possibilità di poter
rivolgersi su un mercato larghissimo. E perché la nuova filosofia
condivisa viene incontro a un senso comune, senza tuttavia vestirsi di
troppi pensieri libertari.

 Nello stesso tempo, per come si è sviluppato finora, il movimento Open
Source, sembra anch'esso mostrare voglia di business, per effetto del
suo stesso successo. Fortemente sponsorizzato dalla Ibm, conosce oggi un
successo incredibile e questo comporta sempre un qualche annacquamento
delle idealità più spinte. Si assisterà dunque a un vasto ventaglio di
posizioni; non devono scandalizzare ma spingere semmai a spostare ancora
in avanti gli equilibri e le nuove idee.

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